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Grande successo per la Masterclass firmata Gregoire Berger

ALMA inaugura con una masterclass di alto livello la nuova epoca didattica dei corsi di aggiornamento professionale.

Grégoire Berger, chef del Ristorante Ossiano all’interno dell’Hotel Atlantis – The Palm a Dubai, ha svolto per un nutrito gruppo di allievi una lezione magistrale su dolci al piatto e  mignon. Una due giorni molto intensa, fatta di arte, maestria, design e poesia, che ha visto la realizzazione di 10 tra le più famose ricette dello chef e che ha raccolto l’entusiasmo dei partecipanti.

 

Il percorso di studi di Gregoire Berger è costellato da nomi di illustri maestri, da Chef Corfmat a “La Closerie de Kerdrain” al Pastry Chef Gilles Marchal, Creative Director di The House of Chocolate e Chef Michael Nave, braccio destro di Pierre Gagnaire, e Chef di Balzac.

Diplomato alla CFA di Vannes, Berger ricopre il ruolo di Chef de Cuisine nei ristorante più quotati di Parigi, Dubai e Casablanca. E’ poi la volta dell’Atlantis, The Palm a Dubai, e diversi ristoranti stellati in Francia e in resort di lusso in tutto il mondo.

Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, nel 2017 viene insignito del titolo di Head Chef of The Year agli Hospitality Awards al Gulf Host di Dubai.

E’ fondatore dell’associazione French Chefs a Dubai, vivaio creativo di grandi chef e patron del Reign nel cuore di Dubai.

 

Grégoire Berger

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IL RACCONTO DELLA MASTERCLASS

  • La clip della lezione
  • Le foto dello chef al lavoro
  • l’esclusiva intervista rilasciata ad ALMA

Buongiorno chef, le chiediamo come prima cosa di scegliere tre parole per definirsi.
Passione, creazione, azione!

Il suo piatto preferito?
Direi il couscous, viste anche le origini marocchine di mia moglie. Come ingrediente senza dubbio il tartufo, che utilizzo sia per preparazioni dolci che salate.

Ci racconti del suo percorso professionale e della sua esperienza a Dubai.
Sono nato e cresciuto in Francia, più precisamente in Bretagna. Poi, a 18 anni ho deciso di partire per gli Stati Uniti, da lì è iniziato il mio giro del mondo professionale e culinario: Svizzera, Spagna, Marocco, Francia nuovamente, Jamaica, Londra e infine Dubai. Arrivai negli Emirati Arabi 5 anni fa per l’apertura di un nuovo ristorante franco-giapponese che purtroppo non vide mai la luce, non mi restò altro da fare che rimboccarmi le maniche e cercare un’altra opportunità in loco e fu così che iniziai la collaborazione con Ossiano, Atlantis – The Palm. Da più di quattro anni sono Chef e ho potuto plasmare l’intero ristorante secondo le mie idee. Oggi Ossiano è un ristorante fine dining contemporaneo, anche se mi sento in difficoltà a dargli una definizione, è più di tutto un’esperienza. 

Cosa consiglierebbe a uno chef che esce da ALMA e vorrebbe entrare in questo mondo?
Viaggiare, viaggiare e viaggiare. Questo è il consiglio che mi sento di dare loro, perché io stesso ho realizzato viaggiando che il 90% delle idee che avevo erano completamente fuori strada. Viaggiare aiuta ad aprire la mente e realizzare, ad esempio, che non ci sono differenze reali fra le persone e che la cucina francese nel mio caso, italiana nel vostro, quella che amiamo e con cui siamo cresciuti, non è necessariamente la migliore al mondo. Mi sento un cittadino del mondo, mia moglie è marocchina, lavoro con più di 7 nazionalità diverse e in tutto The Atlantis siamo più di 80, non si può rimanere ottusamente chiusi, bisogna aprirsi, conoscere. Quando si rimane barricati nella confort zone del proprio paese, invece, si pensa di sapere e di conoscere pur non avendo avuto nessun tipo di confronto e di contrasto, entrambi forieri di novità ed evoluzione.
Allo stesso tempo, quando si gestisce, come nel mio caso, un ristorante all’estero, bisogna prestare molta attenzione al contesto entro cui si opera. Aprite un ristorante un ristorante francese e i clienti verranno per mangiare francese, lo stesso vale per un ristorante italiano; ma per servire le proprie idee, dovete assolutamente essere voraci, andare alla ricerca dei contrasti, nel gusto, ma non solo, tutti i sensi vanno stimolati! Quando servo una bouillabaisse nel mio ristorante, anche se dovesse essere la migliore del mondo non potrà mai essere percepita allo stesso modo da persone di origini completamente diverse. Quello che cerchiamo di fare all’Ossiano è lavorare sulle emozioni delle persone, la cucina ha chiaramente un’impronta francese qualche tocco indiano, giapponese e non solo, che fanno davvero la differenza.

Se dovesse pensare a un libro di cucina o pasticceria da consigliare ai nostri studenti, quale sarebbe?
Il libro di Alexandre Gauthier, chef de La Grenouillère. Perché ciò che sta facendo è molto speciale, fuori dagli schemi. Personalmente non voglio fare le cose come gli altri, adoro uscire dal seminato per sorprendere, per questo motivo per questa due giorni in Italia ho portato la mia versione del tiramisù, mi piace rischiare!

Se potesse invitare tre persone, famose o non, per una cena, chi sceglierebbe?
Muhammad Ali e Nelson Mandela perché hanno combattuto tutta la vita per la libertà delle idee. A completare il terzetto sceglierei sicuramente Benoit Violier, chef de l’Hotel de Ville in Svizzera che purtroppo si è tolto la vita qualche anno fa. A mio avviso, lui è la rappresentazione quasi perfetta del ristorante tre stelle Michelin, ciò che ha fatto è un’opera d’arte, sia visivamente che al palato. Ho scelto questi tre perché, nella mia costante ricerca di fonti di ispirazione, loro sono dei grandi modelli.

Come sarà — o che tipo di caratteristiche dovrà avere — lo chef del futuro?
Penso che dipenda da un fattore fondamentale: il luogo. Se si rimane nel proprio paese l’obiettivo è cambiare la mentalità, esattamente come piano piano è riuscito a fare Massimo Bottura con la sua Osteria Francescana, inizialmente ha fatto fatica, poi ha dato inizio a una vera e propria rivoluzione. Se ci si trasferisce all’estero, invece, bisogna smettere di pensare di essere i migliori perché si è nati in un paese piuttosto che un altro, bisogna lasciarsi andare, aprirsi e adattarsi a lavorare con persone molto diverse, cercando di essere il più paziente possibile.

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