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Pasquale Laera

Cosa rappresenta per te ALMA?


È stato un tassello del mio percorso di formazione, nonché la parte di questo cammino che ritengo sia stata la più significativa sia a livello didattico che a livello umano. Mi ha permesso di conoscere tantissimi maestri a cui sono tuttora legato.

 

Sei stato definito enfant prodige, com’è stato portarsi dietro questo titolo?


Forse è ancora una parola che non credo mi si addica. La mia è una voglia di scoprire, una fame insaziabile di migliorarmi, perché non mi sento mai arrivato. Il titolo di enfant prodige e i vari riconoscimenti mi fanno onore e mi spingono a dimostrare di meritarmeli, però cerco sempre di focalizzarmi sull’ottenere qualcosa in più da me stesso piuttosto che da quello che mi viene detto dagli altri.

 

Raccontaci la tua esperienza da braccio destro di Cannavacciuolo a soli 25 anni.


Cannavacciuolo è il più grande maestro che abbia avuto. Sono entrato nella sua cucina a 19 anni grazie allo stage di ALMA. Io non volevo neanche restarci troppo in quella cucina eppure alla fine ci sono rimasto per sette anni.
Sono stato sous chef  finché non ha deciso di mandarmi come chef responsabile per una sua consulenza al ristorante La Rei.
È una persona e un cuoco esigente che però ti insegna tanto. Non è solo un cuoco, è anche un imprenditore che ti mostra la ristorazione a tutto tondo, dalla cucina alla sala. Un aspetto che mi è stato molto d’aiuto nel momento in cui ho deciso di aprire il mio locale.

 

Parlaci appunto di cucina. Come descriveresti la tua?


È sicuramente il frutto di tutte le esperienze intraprese. Ho cercato di essere una spugna, assorbendo quanto più possibile ma mettendoci al contempo anche qualcosa di mio.
Ogni piatto che mi viene in mente, cerco di realizzarlo con alla base un pensiero. Così almeno quando arriva al tavolo, può capitare che a qualcuno non piaccia il mio abbinamento però almeno gli so spiegare il perché l’ho fatto in quel determinato modo. Mi sento fiero della cucina italiana e di esserne un promotore, anche nelle sue gestualità.
Un punto su cui sono un po’ critico è che mi sembra sempre che si debbano attribuire forzatamente degli elementi a una cucina, nonostante non le appartengano. Dico con orgoglio: “sono un cuoco italiano, spadello e non me ne vergogno”.

 

Come si ritrovano gli aspetti di territorialità legati alle tue esperienze, dalla Puglia alle Langhe, passando per il Giappone, il Messico e la Danimarca?


La cucina nordica mi è servita perché ha innovato tanto e ha creato un movimento gastronomico.
In Giappone invece mi ha colpito l’antitesi tra l’utilizzo smodato di tecnologia in ogni aspetto della vita umana in contrapposizione a quanto si trova invece nelle cucine, nelle quali si utilizza ancora il carbone. Qui anziché innovare, si tende piuttosto a preservare la propria cultura culinaria. Al mio rientro dall’oriente, sono andato da mia nonna e le ho rubato tutti gli utensili in terracotta che adesso uso abitualmente in cucina. Ogni posto mi ha dato un qualcosa. Non ho ancora mai lavorato in Francia, mi piacerebbe andarci.

 

Parlaci dell’esperienza a La Rei, la tua prima esperienza in solitaria.


L’hotel per me è stato fondamentale, così come la famiglia che ho trovato lì e con cui ho lavorato per cinque anni. Nell’hotel 5 stelle lusso, gestivo tutto il settore ristorativo dal room service, l’étage, il bistrot, i ricevimenti. Nel ristorante La Rei riuscivamo a fare anche 400-500 pasti al giorno.
Secondo me l’hôtellerie serve tantissimo. Ti approcci non soltanto a saper cucinare il piatto gastronomico complesso e ricercato, devi anche saper fare la pasta in bianco perché te la chiedono. Anche gestire il room service o le colazioni, ti aiuta a diventare più completo come cuoco.  Nei frigoriferi avevamo la mise en place per i cani perché negli hotel 5 stelle devi rispettare anche le loro esigenze. Capisci come far fronte ad ogni esigenza.

 

Come descriveresti invece il prodotto Ristorante Borgo Sant’Anna?


Direi che è “atto a divenire”, una frase che amo tanto e che è presente sulle bottiglie di Barolo. È un qualcosa che non sai ancora per certo cosa diventerà. L’idea è di partire dal ristorante e aggiungere successivamente delle camere e degli appartamenti.
Abbiamo una buona carta dei vini perché in Langa la cantina non deve mancare. Non offriamo solo prodotti delle Langhe perché anche la gente del territorio è curiosa di provare altro: le bollicine e gli altri vini francesi, qualcosa del sud d’Italia. Abbiamo avuto la fortuna di aprire già con 700/800 etichette, perché volevamo investire tanto sul vino.

 

Dal Ristorante La Rei, inizi poi un nuovo percorso senza spostarti dalle Langhe.


Mi è servito molto l’esperienza a La Rei anche per poter capire meglio quella che sarebbe diventata la clientela del mio locale; capire cosa potesse mancare e cosa i clienti ricercassero. Volevo offrire un’esperienza culinaria basata su un ottimo rapporto qualità/prezzo, all’interno di un ambiente che spingesse l’ospite a sentirsi a proprio agio, rilassato. È un approccio che la gente sembra apprezzare.  Quando adesso arrivo al tavolo, li vedo più rilassati; sembrano persone diverse. Anche l’ambiente fa la differenza.

 

Come si struttura l’ambiente interno?


Abbiamo una sala che si affaccia alla cucina così da poter vivere l’esperienza della cucina non solo con lo chef table quindi un tavolo piccolo, ma anche con più tavoli. C’è questa vista spettacolare sulle colline di Langa. È come mangiare in un vigneto.
All’esterno, l’aspetto è rimasto attinente alla Langa, all’interno invece hai l’effetto sorpresa perché ti ritrovi un ristorante dal design moderno. La sala della cucina è quella più allegra con le sedie colorate, colori caldi invece nelle altre sale e il marrone del legno che riprende un po’ la Langa.

 

Dopo un anno dall’apertura del Ristorante Borgo Sant’Anna, nel 2019 ottieni la stella Michelin.


È stata veramente una bellissima sensazione, non me l’aspettavo. Secondo me hanno capito il nostro progetto e quello per me è importantissimo. Non ho seguito nessun canone, solo la voglia di fare a modo mio. Ho dato tanto peso alla squadra; ho ragazzi che lavorano con me da ormai 3-4 anni, il maître che è anche il mio socio con cui lavoro dal 2014.
Per me l’elemento chiave che ci ha condotti a ottenere questo risultato è stato avere una squadra affiatata.
È un onore, però cerco sempre di fare solo il mio lavoro: il cuoco.

 

CORSO SUPERIORE DI CUCINA ITALIANA DI ALMA

 

 

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