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Pietro Cappelletti

Il mio stage ai piedi dei Colli Berici

Ricordo ancora perfettamente come andò quel lunedì 13 novembre. Ero tornato a casa mia per il weekend e dal momento che il lunedì le lezioni sarebbero iniziate dopo pranzo decisi insieme a Camillo, compagno sia di fornelli che della tratta Colorno-Firenze, di partire la mattina di lunedì stesso. Comprensibilmente nessuno era più esperto di noi due nei tempi di percorrenza Firenze-Parma, eravamo veramente scientifici. Tenevamo in considerazione tutto: cilindrata e alimentazione della macchina di turno con rispettivo carico, soste benzina e caffeina ma nonostante ciò quel lunedì decidemmo di partire un po’ in anticipo.

La mattina tutto stava filando come sempre, la chiamata di Camillo che mi confermava di essere in movimento verso il punto di raccolta all’ingresso dell’autostrada, moka da tre con mezzo biscotto sullo stomaco (scusi professoressa Vecchio) in vista della vera sosta colazione alla stazione di Cantagallo, zaino in spalla, saluto solenne ai genitori e via si parte.

Raccolto Camillo come di rito partiva il nostro resoconto reciproco del weekend ma durò poco perché la nostra attenzione fu folgorata dalla scritta «obbligo catene a bordo, neve sul tratto appenninico». Non demmo molto peso a quel cartello ma arrivati all’altezza di Sasso Marconi sorpassata l’ennesima galleria il panorama divenne nell’arco di pochi chilometri quello della Lapponia. La prima neve dell’anno fa sempre una strana sensazione e dal momento che eravamo in odore di stage partirono subito le prime battute «è un segno del destino», «si finisce in un rifugio in montagna a fare le colazioni agli sciatori», «si va a lavorare in motoslitta».

Purtroppo la neve minò anche la perfezione dei tempi della nostra tabella di marcia visto che rimanemmo incolonnati a 60km/h dietro uno spalaneve fino a Valsamoggia, addio sosta colazione a Cantagallo, ma essendo partiti in anticipo arrivammo comunque a Colorno in tempo. Visti i tempi stretti parcheggiai nella piazzetta di fronte all’entrata della reggia, mossa che il giorno successivo mi costò una multa, e andammo a lezione. Nonostante la lezione tenuta dallo chef Lopriore, il prof Gardini e il prof Govoni tra il rapporto sala-cucina e il trancio in sala si fosse rivelata molto interessante, non nego che più passavano i minuti più la testa mi andava da un’altra parte e in quelle pause che ci venivano concesse per intervallare la lezione il clima via via diventava sempre più adrenalinico. Finita l’ultima pausa e con questa le ultime preghiere, segni della croce e sigarette fumate compulsivamente era arrivato il momento fatidico. I nomi dei miei compagni iniziarono a scorrere e il respiro diventava sempre più affannato finchè non apparve il mio nome e la mia foto accanto alle parole AQUA CRUA Barbarano Vicentino Chef Giuliano Baldessari.

L’emozione era fortissima soprattutto perché di lì a breve lo Chef sarebbe dovuto venire ad ALMA a tenere una cena d’autore e la sezione che avrebbe dovuto cucinare con lui era proprio la mia. Spulciavo freneticamente il manuale del tirocinante per avere più informazioni possibili sullo stage iniziando a realizzare che a Barbarano Vicentino, un paesino di 4000 anime in provincia di Vicenza, avrei dovuto passare i miei prossimi sei mesi. Tornato a casa sia io che il mio coinquilino Riccardo siamo stati a fissare il soffitto distesi sul letto con gli occhi sgranati, fantasticando sui nostri stage che di lì a breve sarebbero iniziati e realizzando che la prima parte del nostro percorso stava davvero volgendo al termine e che a quel punto non mi rimaneva che rifare le valigie. Prossima meta…

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