Agnese Morandi

C’è chi scopre la passione per il vino in un calice, chi in una vigna assolata, chi nelle pagine di un libro di enologia.
Per Agnese Morandi, Head Sommelier di Table di Bruno Verjus, due stelle Michelin nel cuore di Parigi, è stato un viaggio a condurla a questa professione. Un percorso che parte da Cesena, attraversa l’esperienza formativa in ALMA – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, e si snoda tra le sale di ristoranti tre stelle Michelin, fino a trovare la sua massima espressione nella Ville Lumière.

In questa intervista, Agnese racconta il suo cammino fatto di studio, incontri e intuizioni, svelando il dietro le quinte di un mestiere che va ben oltre la semplice selezione di etichette: essere sommelier significa creare connessioni, trasmettere emozioni e costruire una narrazione attorno a ogni calice. Dall’importanza dell’istinto nella scelta dei vini alla costruzione di una carta capace di parlare a tutti, fino alle sfide del lavorare in una città come Parigi, dove la gastronomia è una religione e il tempo scorre più veloce che altrove.

Da Cesena a Parigi, fino alle due stelle Michelin di Table di Bruno Verjus: come ha preso forma questo tuo viaggio tra sapori, culture e passione per il vino? C’è un momento in cui hai capito che questo sarebbe stato il tuo percorso?

È stato tutto molto naturale in realtà; Grazie ad  ALMA, ho intrapreso il mio percorso in sala a Piazza Duomo***, dove ho avuto la possibilità di crescere all’interno dell’equipe per quasi 4 anni.
É stato proprio Crippa a indirizzarmi poi verso la Francia, paese come l’Italia, con profonde radici  nell’enograstronomia ed ad inviarmi da Maison Pic a Valence *** quando ne ho espresso il desiderio.
Questo é stato sicuramente il momento in cui ho capito che sarei voluta essere Sommelier. Un viaggio costellato di incontri, visite, assaggi, studi e un pizzico di fortuna.
Oggi sono ormai 3 anni che sono da Table by Bruno Verjus a Parigi, come Head Sommelier.

Qual è stata la sfida più grande lungo questo cammino, e cosa ti ha motivato a non mollare nei momenti più difficili?

Personalmente, non credo di aver mai vissuto negativamente il mio percorso, ho sempre mantenuto una vena di energia e visto le difficoltà come una lingua straniera, lo stress e gli imprevisti come un’opportunità per migliorare il mio profilo.

Lavorare a Parigi, in uno dei centri nevralgici della gastronomia mondiale, non deve essere semplice. Quali sono o sono state le difficoltà maggiori?

Sicuramente lo stare al passo con la città, è una realtà talmente veloce che a volte si ha l’impressione di non fare abbastanza, di non vedere, conoscere o vivere tutte le esperienze.

Selezionare i vini per un ristorante due stelle Michelin è una grande responsabilità. Come riesci a trovare quell’equilibrio perfetto tra gusto, emozione e coerenza con la cucina? C’è un metodo che segui o ti affidi anche all’istinto?

Devo dire che l’istinto gioca un ruolo molto importante e mi guida nelle mie scelte giornaliere.
Cerco di non mettermi mai paletti o limiti e di essere il più aperta possibile nelle decisioni che devo prendere riguardo la carta vini, cercando di mescolare tradizione e innovazione.

La carta dei vini è molto di più di un semplice elenco, bensì un viaggio, una guida, un invito. Qual è il tuo segreto per renderla non solo interessante ma anche accessibile a tutti, esperti e non?

Secondo me la carta vini deve saper rispecchiare la tua identità, allo stesso tempo la filosofia del ristorante e dello Chef, deve saperti fare viaggiare lontano, ma farti anche assaporare i grandi classici,  avere differenti prezzi in base alle varie esigenze. Difendo una carta dei vini etica, il vino é un prodotto di condivisione e di piacere.

Ma cosa beve un Sommelier nella vita quotidiana? In un pranzo con gli amici, parenti, etc

Sicuramente Champagne con le sue mille espressioni, i vini del Jura che invitano alla meditazione , Le Isole Canarie dai terreni vulcanici, il Piemonte che prende un posto particolare nel mio cuore.

C’è un vino che ti ha sorpreso ultimamente, magari per la sua storia o per un dettaglio inaspettato?

Sicuramente Chateau Yvonne 2003, in Loira. Questo vino é stato vinificato dallo Chef Bruno Verjus, che tra i mille progetti, ha fatto anche il vignaiolo per quasi dieci anni.
Questo Chenin, mi ha sorpreso poiché da un’annata 2003 mi aspettavo un’espressione molto ricca e concentrata, visto l’annata tra le piu afose degli ultimi 25 anni.
Invece ho trovato un vino brillante, teso, con una bellissima colonna vertebrale di acidità e freschezza.

Quali tendenze del mondo del vino potremo osservare nel 2025?

Credo che in futuro, avremo l’occasione di degustare vini provenienti dalle più disparate parti del mondo. Ci sono sempre più regioni, che un tempo non erano minimamente vocate al vino, che oggi iniziano a produrne.

Se dovessi dare un solo consiglio a chi sta iniziando, quale sarebbe? Un insegnamento che avresti voluto ricevere tu agli inizi.

Sembrerà forse scontato, ma mai dimenticare l’obbiettivo e l’energia e la passione che ci ha colpito sin dal giorno uno.
La costanza è sicuramente uno degli aspetti più importanti. Porsi piccoli obbiettivi ogni giorno e raggiungerli, al fine di avere sempre piu fiducia in se stessi.

Guardando indietro, quanto è stata importante la formazione per il tuo percorso?
C’è una lezione o un insegnamento che porti sempre con te e che senti di voler trasmettere agli altri?

Fondamentale.
ALMA non é solo una scuola, ma anche una famiglia, sa accoglierti, leggerti e indirizzarti.
Si formano amicizie legate da una profonda coesione, una community che resta nel tempo, forgiata dalla passione.