Adolfo De Cecco

CORSO SUPERIORE DI CUCINA ITALIANA DI ALMA

 

 

Parlaci un po’ di te, perché hai deciso di fare lo chef?

 

Quella di fare lo chef è stata una scelta casuale, diciamo. Mi sono diplomato e ho deciso di prendermi un anno sabbatico così sono andato con la mia ex ragazza in Olanda a fare un’esperienza e imparare un po’ la lingua. Il primo lavoro che sono riuscito a trovare è stato in un ristorante italiano come lavapiatti. Ho lavorato come lavapiatti per un paio di mesi, poi lo chef mi ha offerto l’opportunità di spostarmi in cucina. Sono rimasto quasi tre anni in quel ristorante, un ristorante italiano che faceva cucina tradizionale, e mi è venuta questa grande passione per la cucina. Allora ho deciso di tornare in Italia e mi sono iscritto ad ALMA.

 

Perché hai scelto proprio ALMA?

 

Ho fatto un po’ di ricerche, ALMA era la scuola migliore d’Italia, quindi l’ho scelta per questo.

 

Qual è l’insegnamento che più ti è servito una volta diplomato e intrapresa la carriera lavorativa?

 

Un po’ tutto a dire la verità. È stata un’esperienza incredibile, una scuola così intensiva. Non avrei mai avuto l’opportunità di iniziare a lavorare in ristoranti di un certo livello se non avessi fatto ALMA.

 

Ti diplomi e inizi il tuo percorso lavorativo, raccontaci.

 

Prima di arrivare a Londra, ho fatto altre esperienze.
Sono andato a fare lo stage da Perbellini, tramite ALMA. Dopodiché sono riuscito ad ottenere un lavoro al De Pisis di Venezia con Giovanni Ciresa e ho lavorato lì per un anno e mezzo. Poi, tramite una conoscenza ho trovato lavoro da Tetsuya in Australia, Sydney, che ai tempi faceva una cucina fusion, moderno-australiana con influenze giapponesi, ho lavorato con lui quasi un anno. Successivamente ho lavorato da Matt Moran al Ristorante Aria, sempre in Australia, e infine sono tornato in Europa e mi sono trasferito a Londra.

 

Un bel giro, insomma. E da lì come nasce il progetto Casa Fofo’?

 

Il mio sogno è sempre stato, da quando ho iniziato a lavorare, quello di aprire il mio ristorante. Tramite l’esperienza ho focalizzato il tipo di ristorante che avrei voluto aprire.
Casa Fofo’ è stata un’opportunità anche questa venuta per caso, perché io e la mia ragazza avevamo deciso di tornare in Italia. Qui però non eravamo riusciti a trovare un posto che ci piacesse. Quindi ci siamo trasferiti nuovamente a Londra due anni fa, prima di Natale, e mentre stavamo dando un’occhiata su un sito per vedere se c’era qualche ristorantino in affitto, abbiamo trovato Casa Fofo’, che praticamente è a due minuti da casa nostra. Ci siamo innamorati subito del posto.

 

Descrivici il ristorante.

 

È proprio una vecchia casa, il piano terra di un palazzo, di quei tipici palazzi vittoriani londinesi. Abbiamo voluto creare questo ristorante che sembra appunto una casa, quindi offriamo un menù fisso di 7 portate che cambia giornalmente. Il cliente non ha scelta, viene a mangiare assolutamente quello che prepariamo noi.

 

Come definiresti la tua cucina?

 

È molto dinamica, è molto istintiva perché c’è poco planning. Il menù è dettato prevalentemente dai migliori prodotti che riusciamo a reperire dai nostri piccoli produttori. Facciamo un grande lavoro di fermentazione. Quindi sì, cucina molto istintiva, direi, ecosostenibile perché usiamo comunque prodotti che vengono dall’Inghilterra, da piccoli produttori, appunto.

 

All’interno del tuo menù c’è un piatto distintivo, un piatto simbolo?

 

No, perché i piatti non restano sul menu per più di 4/5 giorni. L’unica cosa che è rimasta sul menù da quando abbiamo aperto è il pane col burro che facciamo in casa, sia il pane che il burro, gli altri piatti cambiano continuamente.

 

Qual è stato l’ostacolo più grande che hai dovuto superare per realizzare il sogno di Casa Fofo’?

 

Beh, ce ne sono stati tanti. Abbiamo aperto con un budget molto limitato e quindi siamo partiti con un team molto ristretto. Abbiamo fatto quasi tutti i lavori di ristrutturazione al ristorante da soli. È stata dura.
Poi siamo stati abbastanza fortunati, alcuni critici sono venuti a mangiare, parlando di noi a distanza di un mese dall’apertura, e abbiamo lavorato bene da subito. Così pian piano il ristorante si è avviato.
Aprire un ristorante con un budget limitato, specialmente in un paese estero, è un duro lavoro.

 

Quali pensi siano stati gli ingredienti che vi hanno portato ad ottenere la stella Michelin? 

 

Un po’ il nostro approccio alla cucina in generale. Il fatto che usiamo dei prodotti locali, ecosostenibili.
La cucina, che penso sia abbastanza originale. Poi anche per il modo in cui serviamo i piatti.
In sala abbiamo solo due persone e c’è una cucina aperta al centro del ristorante, noi cuciniamo e serviamo i piatti. Raccontiamo il nostro concept ai clienti, la spiegazione, tutta la filosofia che c’è dietro la cucina.

 

Ma un po’ te lo aspettavi o no di ottenere il riconoscimento Michelin?

 

Assolutamente no. Sapevo che  — i critici gastronomici della Guida Michelin — erano venuti un paio di volte da  noi. Il ristorante è un locale molto umile, poi il fatto che cambiamo il menu così spesso, mantenere uno standard stellato, pensavo fosse una possibilità remota e invece a quanto pare è stato possibile.

 

Progetti futuri?

 

Per ora non vediamo l’ora di riaprire Caso Fofo’ e c’è già in progetto di aprire un altro localino lì vicino, nella zona in cui siamo. In futuro mi piacerebbe tornare in Italia e aprire un ristorante qui a Lanciano, nella mia città Natale. Comunque questo è un progetto ancora abbastanza lontano, magari tra due, tre anni.

 

Ci sono molti dei nostri studenti che vogliono seguire le tue stesse orme, aprire il proprio ristorante e magari un giorno ricevere la stella Michelin. A loro cosa consigli?

 

Beh, consiglio di studiare molto, crederci, andare a fare delle esperienze nei ristoranti giusti e lavorare duro perché è l’unica opzione che c’è. Questo è un mestiere molto gratificante, bellissimo e non potrei fare altro, però comunque richiede tanto duro lavoro e tanto studio, tanto impegno e passione e credere nei propri sogni.