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Emanuela Di Palma

Qual è il percorso che ti ha fatto avvicinare ad ALMA?

Durante la guida di una degustazione, dopo aver acquisito il terzo livello AIS, un docente presente all’evento mi ha suggerito di approfondire i miei studi. Incoraggiata dal commento positivo ho cercato informazioni sul Master ALMA-AIS e, dopo aver partecipato all’open day, mi sono iscritta alla 7^ edizione del Master, dando il via a questo meraviglioso percorso. 

Dopo il Master ALMA-AIS hai vissuto numerose esperienze. Quali sono gli step della tua carriera?

L’esperienza più formativa l’ho indubbiamente vissuta ad ALMA, durante il Mater. I passi successivi sono stati utili a sviluppare l’esperienza personale. Occorre crearsi una propria memoria esperienziale e penso che non ci sia modo migliore se non quello di viaggiare e degustare. È fondamentale allenare costantemente i sensi e approfondire sempre a livello tecnico ogni degustazione. Ricordo che l’esame da degustatrice l’ho sostenuto ad ALMA e da quel momento in poi ho proseguito con corsi di approfondimento. Ovviamente, parlando della mia formazione, non posso trascurare l’esperienza di stage che ho vissuto da Ornellaia. Lì sono rimasta un anno, è stata una chiave di volta per il mio percorso che mi ha fatto completamente cambiare prospettiva.

Qual è l’iter da seguire per prepararsi a vivere un’ottima degustazione?

È fondamentale valutare bene l’orario di svolgimento, il momento migliore è la mattina perché si è liberi da qualsiasi tipo di inquinamento da cibo. Essendo una vera e propria performance, occorre essere predisposti positivamente con i sensi e la testa. Bisogna sicuramente rimanere concentrati, ma anche lasciarsi guidare dalle caratteristiche sensoriali del vino. L’aspetto più importante è che non bisogna inventarsi nulla, le risposte sono tutte all’interno del calice sottoforma liquida, bisogna solo essere predisposti a percepirle.

Quali sono i vini meno conosciuti che consigli di provare?

Questa è la mia passione più grande, cioè quella di andare  alla scoperta di vini che ti suscitano emozioni, ma che non sono blasonati. In Molise c’è la Tintilia, un vitigno a bacca nera che dona sentori speziati molto particolari, differenti dall’aroma di pepe nero che sprigiona il famoso Syrah.
Questo vitigno, come la regione in cui nasce, è stata dimenticata, ma personalmente ritengo che possiede un grande fascino. Anche in Ciociaria, la mia terra natale, ci sono alcuni vitigni come il lecinaro o il pampanaro dimenticati dai tanti, ma che sopravvivono grazie all’impegno di piccoli produttori.
La vita di un sommelier, come il suo palato, è in continua evoluzione. All’inizio del percorso, ritenevo che l’Amarone fosse il mio vino preferito, sia per il suo nome che per le sue caratteristiche, ma con il passare del tempo i miei gusti e le conoscenze si sono evolute.
Oggi penso che la mancata popolarità del vino o del vitigno non sempre è sinonimo di bassa qualità, anzi molto spesso è il contrario. Certamente la Tintilia non può competere con il Brunello di Montalcino, ma questo perché sono due identità differenti. Quindi più che un discorso di qualità, io farei un discorso di identità.

Quali sono le tendenze che al momento caratterizzano il settore enologico italiano?

È diventato quasi fondamentale apparire anticonformisti, ricercando costantemente la naturalità nei vini e la piccola identità. Spopolano le fiere dedicate ai vignaioli indipendenti e ai vini naturali. Però sembra quasi che si vuole rinnegare quello che c’è stato prima, quindi tutta la tecnica e le tecnologie impiegate nel mondo enologico. Personalmente apprezzo la naturalità del vino, però rinnegare completamente la tecnica in nome di una naturalità estrema secondo me è eccessivo. Penso che non si debba rinnegare il prodotto che ci ha resi famosi in tutto il mondo, per seguire una moda estrema. Occorre trovare il giusto equilibrio e soddisfare i gusti del consumatore finale.

Quali sono le fonti che adotti per rimanere costantemente aggiornata?

Leggo poco le riviste di settore che pubblicizzano un vino in particolare, sono pochissimo attenta ai punteggi, mi interessata molto di più viaggiare e crearmi una conoscenza personale degustando direttamente il vino. L’approccio migliore per conoscere il mondo del vino è andare in giro nelle aziende e vivere il territorio in cui viene prodotto. Questo perché, quando successivamente ci sarà occasione di degustare nuovamente quel vino, lo si vedrà con occhi diversi e la comprensione delle sue caratteristiche saranno maggiori.

Durante la degustazione l’obiettività esiste?

Non posso dire si al 100%. La componente tecnica di questo lavoro ci permetterà sempre di riconoscere la qualità del vino, però quando ci cimenteremo a raccontarlo verranno scelte in automatico alcune parole, rispetto ad altre, in base alle emozioni sensoriali che ha suscitato in noi. Non siamo delle macchine, siamo umani e viviamo di emozioni, più che mai nel settore enologico.

Un consiglio per chi vuole intraprendere la tua stessa strada?

Di base occorre avere una passione per il settore enologico. Questo innamoramento occorre tenerlo vivo, con costanza e curiosità del nuovo. Bisogna godersi tutti i momenti e personalmente mi riscriverei al Master ALMA-AIS, in quanto quello che viene trasmesso durante il corso difficilmente è riproducibile altrove. Quella del Master è un’esperienza da fare e bisogna immergersi completamente per ottenere ottimi risultati.

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