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Michela Macciò

Il primo ricordo legato alla cucina?

Fin da piccola, mi piaceva letteralmente mettere le mani in pasta; mi piaceva aiutare la mamma mentre preparava la pasta fresca, gli gnocchi in particolare, e vedere gli ingredienti unirsi, amalgamarsi e dare vita a qualcosa di nuovo, che prima non c’era. Anche la preparazione di pizze e torte mi entusiasmava e provavo ad assaggiare la pasta prima della cottura, con conseguenti rimproveri della mamma, perché la curiosità era tanta.
Crescendo, il gioco è diventato qualcosa di più: è diventato una vera e propria passione per ciò che accade all’interno di una cucina, per il processo di trasformazione. Mi sono iscritta ed ho frequentato l’Istituto Alberghiero, ho fatto le prime esperienze, grazie anche agli stage organizzati dalla scuola.
Dove però ho trovato il pieno coinvolgimento dei miei interessi, delle mie passioni,
delle mie curiosità e della mia voglia di imparare è stato il corso Superiore di Cucina Italiana ALMA, perché nulla era trascurato e ogni parte aveva una relazione con l’obiettivo che mi era posta.

Il valore dell’esperienza ALMA nella tua formazione.

L’esperienza ALMA è stata fondamentale: un vero investimento.
Ogni singola lezione era composta da passato, presente e futuro: ogni ingrediente, ogni prodotto veniva collocato nella sua storia, nel suo contesto; i modi di lavorazione, i processi per arrivare ad un piatto acquisivano molti significati.
Capivo l’importanza del rispetto della tradizione, anche nell’innovazione; che non erano solo ingredienti, non era solo cibo ma era un modo per mantenere una cultura e un modo per comunicare consapevolezza di ciò che i singoli piatti hanno rappresentato e rappresentano, che c’è un legame che unisce e racconta.
Racconta il valore della cucina, i
suoi cambiamenti che devono essere conciliati con la tradizione, racconta anche di me, di ciò che penso e alle persone a cui penso mentre unisco, impasto, amalgamo, do senso ad ogni ingrediente attraverso la ricerca dell’armonia di gusti e sapori.
Ho avuto modo di provare quanto ho acquisito in ALMA durante lo stage nel Ristorante tristellato Da Vittorio, della Famiglia Cerea: esperienza fondamentale per ampliare, rafforzare conoscenze e per abituarmi ai ritmi di lavoro e all’importanza della collaborazione con i membri della brigata di cucina

Come ti sei appassionata alla cucina?

Sicuramente nasce dal contesto dove sono nata e cresciuta.
Mia mamma e mio papà cucinano volentieri, a volte si suddividono i compiti e quasi si sfidano per vedere chi riesce ad ottenere il piatto migliore. Ciò che li muove e li ha sempre mossi è il momento conviviale che segue quello della preparazione. Il momento del pranzo e della cena sono sempre stati occasioni per stare insieme e condividere ciò che è accaduto nella giornata. Il cibo è sempre stato momento di comunicazione e condivisione. Credo che da questo sia nata la mia passione.
I piatti sulla tavola non sono mai stati momenti scontati e ovvi ma gesti per condividere.
Ho
sempre sentito il momento della famiglia attorno al tavolo come un momento di cura, di attenzione verso mia sorella e verso me. Preparare il pasto, cucinare, a casa mia, non è mai stato un dovere, un obbligo, una routine ma un modo per dirci che eravamo felici di essere insieme.

Qual è stato il tuo percorso professionale?

Conseguito il diploma in ALMA sono stata assunta, al termine dello stage, al Ristorante Da Vittorio, dove ho trascorso gli anni più impegnativi e formativi della mia carriera.
Ho avuto anche l’opportunità di essere coinvolta nell’apertura del DaV Mare di Portofino a fianco dello chef Paolo Rota, come chef de partie ai primi piatti: una vera e propria sfida, in un ambiente molto esigente, ma molto molto motivante. Conclusa la stagione a Portofino ho affiancato, nel ruolo di chef de partie, lo chef Graziano Calciopoli al ristorante La Gallina. Nel settembre 2022 ho ricevuto la proposta dallo Chef Paolo Rota, sempre per la famiglia Cerea, di affiancarlo per la stagione invernale a Saint Moritz nel ruolo da sous chef al Carlton Hotel. Conclusa la stagione sono ritornata nella mia Liguria, insieme allo chef Marco Carlucci al Capo Santa Chiara di Boccadasse, a Genova.
Terminata la stagione estiva, sono ripartita per la seconda stagione, sempre insieme allo Chef Paolo Rota per il Da vittorio Saint Moritz.

Michela Macciò Diplomata Superiore di Cucina Italiana Sous Chef del ristorante Da Vittorio a St. Moritz due stelle Michelin.

Oggi sei sous chef al “Da Vittorio” St. Moritz. Raccontaci la tua giornata tipo.

A St.Moritz la cucina non è molto grande e anche la brigata è composta da il pastry chef , chef de partie gardemanger, chef de partie saucier e lo chef Paolo Rota, sempre in prima linea.
Oltre ad essere sous chef mi occupo della partita dei primi piatti.
Ogni mattina, appena entriamo, tutta la brigata si occupa dello stoccaggio della merce, e ognuno di noi si organizza il lavoro per la propria mise en place. Da lì inizia la produzione per il servizio serale.
Nel pomeriggio preparo la pasta fresca per il servizio e, se hanno bisogno, aiuto i colleghi nella mise en place; per le sei del pomeriggio inizio ad organizzarmi la partita per il servizio e a preparare la lista degli ordini.
Dopo una piccola pausa, ecco che arriva il momento del servizio, il momento più bello della giornata, oltre alla partita aiuto lo chef al pass e i ragazzi se hanno bisogno.
Finito il servizio e le pulizie, insieme allo chef rivediamo gli ordini e li inviamo per l’inizio di una nuova giornata.

Il piatto alla quale sei più legata.

Gli gnocchi al pesto. Mi sono mancati moltissimo quando sono andata via di casa sicuramente perché il pesto di mia mamma non teme rivali e poi perché mi ricorda il contesto di cui ho parlato prima.
La cucina comunica, mantiene legami, anche quando sei lontano dai tuoi affetti.

Descrivi una giornata che non è andata come previsto. Come avete gestito il vostro tempo per far fronte a cambiamenti di programma?

Non ci sono giornate che vanno secondo le previsioni. È il bello della cucina e della brigata: l’importante è saper reagire e trovare una soluzione.
In queste circostante il gioco di squadra è fondamentale. L’errore è sempre un’occasione per imparare, ma in cucina la soluzione va trovata al momento e tutti collaborano per superare la difficoltà.

Diplomata Superiore di Cucina Italiana Sous Chef del ristorante Da Vittorio a St. Moritz due stelle Michelin.

Quale percorso per diventare sous chef e quali sono le caratteristiche necessarie?

Ci sono percorsi sicuramente differenti, legati alle caratteristiche di personalità di ciascuno. A voler cercare elementi trasversali, costanti credo che ci sia una buona dose di umiltà, che ti porta a cogliere ogni occasione per imparare, una parte di curiosità, che ti porta a sperimentare, a provare, tanto impegno, voglia di lavorare, resistenza alla fatica, determinazione, un pizzico di simpatia: tutto questo per acquisire la fiducia dello chef e fare di te una presenza importante, che fa la differenza.

Che consigli daresti a chi desidera intraprendere la tua professione?

Comincio a dire a chi lo sconsiglierei: a chi si stanca facilmente, a chi si demoralizza di fronte all’insuccesso, a chi non ha passione e curiosità. Lo consiglio a chi ha determinazione, a chi vede l’errore come una parte dell’obiettivo da raggiungere, a chi non si siede, ma si rialza per riprovare, a chi sorride per i risultati raggiunti, ma non si ferma e si pone nuovi traguardi

I prossimi obiettivi? Raccontaci il tuo sogno futuro.

Il mio sogno futuro unisce tutto ciò che mi sta a cuore.
Sono stata via per molti anni dal mio paese dell’entroterra ligure, dalla mia famiglia, dai miei amici. L’ho fatto perché avevo molto da imparare ed era importante confrontarmi con una realtà più complessa, ho rinunciato a molto per arricchire la mia professionalità e la mia personalità.
Ho sempre sentito molto le mie radici, fatte dei valori che la mia famiglia mi ha trasmesso, i miei genitori mi hanno trasmesso. Ho sempre avvertito il forte incoraggiamento da parte di mio papà, i suoi consigli, le sue indicazioni, la sua stima verso le mie scelte.
È arrivato il momento di tornare a casa, che non vuol dire tornare indietro, ma andare avanti nel posto che mi ha visto nascere e crescere.

Raccontaci di più.

La parola casa ha qui un significato molto ampio: è l’insieme delle relazioni che ho tessuto e che mi hanno consentito tutte le esperienze che ho fatto.
Aprirò un ristorante in Valle Stura, a Masone. Avrò vicino a me il mio compagno e la mia famiglia. Porterò la mia cucina trasferendo nel mio contesto tutto ciò che ho imparato e ciò che sono, nel rispetto delle tradizioni, nella ricerca di innovazioni.
Nella mia valigia metterò le esperienze fatte, le persone conosciute, ciò che ho imparato, ciò che ho sbagliato, la curiosità, la continua voglia di imparare, la passione.
L’aprirò nel mio ristorante: non per svuotarla, ma per continuare a riempirla.

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