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Gianluca Monni

Raccontaci i passi più importanti del tuo percorso professionale.

Ho iniziato il mio percorso professionale lavorando in diversi ristoranti tradizionali della Sardegna.
Dopo una stagione a Parigi in un bistrot gastronomico gestito da uno chef sardo, ho deciso di frequentare il Corso Superiore di Cucina Italiana ALMA.
Ho continuato il mio percorso in Alto Adige, presso il ristorante Zur Rose — 1 stella Michelin — per poi stare 3 anni al ristorante Zum Lowen — 1 stella Michelin — come sous chef. Dopo un’altra esperienza al ristorante Terra, 2 stelle Michelin, dopo anni in giro per le cucine d’Italia, arrivo a La Dispensa dei Balocchi di Piacenza, dove mi trovo attualmente.

Quando pensi agli albori della tua carriera, qual è la cosa che ricordi con più piacere?

Ammetto che mi piaceva molto lo stile di vita e il fatto che potessi mantenermi, anche economicamente, sin da giovane.
Ma la cosa che mi piaceva in assoluto era che per la prima volta nella mia vita potevo realizzare qualcosa di bello e di buono con le mie mani. E questo rendeva le persone felici.

Qualche mese fa, hai concluso il corso di “Pizza Gastronomica”.
Perché un cuoco dovrebbe formarsi sul mondo dei lievitati?

Credo che le due cose al giorno d’oggi siano fortemente collegate. Sempre più ristoranti scelgono di realizzare il cestino del pane e i lievitati per le feste. Oltretutto aprirsi al mondo della panificazione significa entrare in possesso di nozioni di chimica, che possono creare grande sinergia in altre ricette e preparazioni.

 

Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

È stata meravigliosa e mi ha appassionato tantissimo, tanto che sto seriamente pensando di aprire una piccola pizzeria tutta mia dove combinare le mie esperienze di cuoco al mondo dei lievitati.

Quanto è importante per un cuoco la panificazione?

Fondamentale. Se sbagli un piatto o una preparazione di solito riesci a rimetterla in piedi e a portare a casa il risultato. Ma se sbagli il pane e te ne accorgi poco prima del servizio…beh, lì sì che sono dolori!! Per questo è importante riuscire a creare un metodo, codificato e facilmente replicabile, riservando l’improvvisazione ad altri aspetti più adatti al lavoro del cuoco.

Pochi giorni fa hai rappresentato l’Italia, a Madrid, per la finale di “Chef Balfegò 2022”, vincendo il titolo. Cos’hai provato?

È stata un’esperienza pazzesca. Quando hanno chiamato il mio nome non riuscivo a crederci, ero sulle nuvole. Essere rappresentante dell’Italia, il primo non spagnolo a salire sul podio da quando la competizione è stata creata ha reso il tutto più emozionante!

Quali sono state le prove da superare?

Dovevamo realizzare due piatti: il primo utilizzando il lomo del tonno, nel secondo si poteva scegliere una parte del tonno.
Per il piatto col lomo, che ho chiamato “Isola di Mogador”, mi sono ispirato alla gastronomia fenicia — uno dei primi popoli a consumare il tonno rosso — servendo il lomo affumicato e salato come facevano i fenici stessi, insieme ad altri prodotti base della loro cucina: cipolla, lattuga e vino bianco.
Nel secondo piatto “Barriga llena, Corazon contento” — pancia piena, cuore contento — ho realizzato una tartara di cuore di tonno rosso e ho cucinato la ventresca alla brace accompagnandole con varie preparazioni a base di basilico, pinoli, limoni e pomodoro ispirandomi alla cucina sarda, in particolare alle tradizioni carlofortine di pesca e consumo di tonno rosso.

Non dev’essere stato facile stupire chef Martin Berasategui.

Di sicuro, se sei un cuoco e devi cucinare per una giuria del genere la notte prima non dormi tranquillo! Tuttavia nonostante la loro enorme levatura gastronomica sono stati tutti molto gentili con noi partecipanti. Proprio Martin Berasategui alla fine della manifestazione, mi ha abbracciato e fatto tanti complimenti.
Credo abbia apprezzato il fatto che ho cercato di mettere tutta la mia storia di vita, le mie radici e il mio vissuto in quello che ho cucinato. Di sicuro uno dei momenti maggiormente emozionanti della mia vita!

Da tempo, la tua cucina risiede a Piacenza, a “La Dispensa dei Balocchi”.

Cerchiamo di utilizzare i grandi prodotti tradizionali che questa città ha da offrire. “Piacenza è terra di passo”, scriveva Leonardo da Vinci, per indicarne che la particolare posizione geografica la poneva al ruolo di crocevia di merci, cibo e culture. Non mancano piatti tradizionali ma offriamo anche incursioni nei prodotti marini e vegetali, che amo particolarmente.

Dove ti vedi fra 10 anni?

Vorrei fare talmente tante cose che a volte non so da dove iniziare! Sto pianificando l’apertura di una piccola pizzeria gastronomica, ma in futuro mi piacerebbe avere un piccolo ristorante con camere immerso nella natura. Mi appassionano anche diversi altri progetti, come ad esempio l’idea di un sushi gastronomico con prodotti locali.
Il tutto se possibile vista mare, nella mia amata Sardegna.

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